Alessandro Calabrese racconta la noia della routine lavorativa
Tutte le foto: Alessandro Calabrese. The Long Thing (2017) / per gentile concessione dell’artista.

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Fotografia

Alessandro Calabrese racconta la noia della routine lavorativa

Con la sua serie 'The Long thing', Calabrese destruttura il linguaggio fotografico.

Sacrificare la propria autorialità delegando a un algoritmo la ricerca delle immagini e utilizzare uno scanner, abbandonando la macchina fotografica, per la produzione di fotografie sono due operazioni chiave del processo creativo dell’artista e fotografo trentino Alessandro Calabrese. Impasse è il titolo della mostra personale presso la galleria VIASATERNA a Milano che resterà visitabile fino al 22 Dicembre e che raccoglie una selezione di stampe della serie A Failed Entertainment (2012 - 2016) e i lavori in anteprima della serie The Long thing (2017 - ongoing).

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Per la prima l’artista ha scaricato immagini dal web tramite un algoritmo costruito ad hoc, in seguito le ha assemblate per costruire il lavoro finale. "In A Failed Entertainment ho rinunciato al mio ruolo di autore per mettere in mostra immagini di altri," racconta Alessandro Calabrese a Creators. "Il titolo include la parola ‘fallimento’ che allude al fallimento come fotografo, come autore."

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La seconda serie in mostra The Long Thing rappresenta, in qualche modo, il secondo capitolo di questa ricerca. L’artista esclude completamente l’apparecchio fotografico e lo sostituisce con uno scanner di ufficio. Ne risultano immagini di cartellette, faldoni, elastici, carta millimetrata e documenti, completamente trasfigurate e ottenute tramite un processo totalmente analogico. "Mi trovavo ad un punto critico della mia ricerca e del mio lavoro, in una impasse e usare lo scanner, non controllando appieno il processo di produzione dell’immagine, rappresentava un ulteriore passo indietro della mia autorialità," afferma Calabrese.

Le foto hanno come soggetto ‘attrezzi’ del mondo del lavoro, in particolar modo riconducibili all’ambiente dell’ufficio, lo stesso scanner usato per realizzare i lavori è uno strumento classico di quel mondo. "La serie è legata al romanzo postumo e incompiuto Il re pallido di David Foster Wallace che ho letto ultimamente e che racconta la vita tediosa di un gruppo di impiegati all’IRS (l’agenzia tributaria statunitense). Le foto richiamano la noia della routine, della ripetizione e dell’automatismo del posto di lavoro."

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L’artista segue in entrambe le serie un approccio anti-narrativo, "trovo poco interessante la narrazione nel mezzo fotografico, quello che mi interessa è distruggere le immagini, passando dalla figuratività all’astrazione completa e destrutturare il processo usuale di creazione del linguaggio fotografico," conclude.

Per avere più informazioni sulla mostra clicca qui. Per vedere altri lavori di Alessandro Calabrese, visita il suo sito.