Se c’è una cosa che noi italiani siamo bravi a fare è arrogarci la nascita di qualsivoglia piatto e prodotto, ricamarci intorno una storia lunga e gloriosa, e renderlo un vanto nazionale (con un afflato nazionalista). Ma anche per i più scettici di noi è chiaro che l’aperitivo sia una faccenda eminentemente italiana — come bevanda e come rito. Che in questo caso nascono più o meno nello stesso posto e nella stessa epoca.L’origine dell’aperitivo si fa risalire a secoli, anzi millenni, fa, all’epoca dell’Impero Romano, quando prima dei banchetti si faceva una gustatio con vino e stuzzichini. C’è invece chi scomoda Ippocrate
La storia dell’aperitivo
Ma per parlare di aperitivo quale lo conosciamo, dobbiamo guardare molto più avanti. La nascita dell’aperitivo inteso come rito avviene a Torino nell’Ottocento. Era il periodo di massima fama dei café-chantant: la gente ci passava tutto il pomeriggio e finiva per cenare lì. Fulvio Piccinino, uno dei massimi esperti di mixology del nostro paese, sostiene che l’origine dell’aperitivo sia in Piemonte per un motivo preciso. “Io la nascita di un concetto di aperitivo la faccio coincidere con la merenda sinoira, letteralmente ‘la merenda che fa cena’,” racconta Piccinino. “Era un’abitudine soprattutto domenicale. Ricordo i miei zii: smettevano di lavorare in vigna verso le sei e mezza-sette, tornavano a casa presto e consumavano cibi freschi e leggeri, come il tonno di coniglio, una fetta di salame, un pezzo di formaggio, insieme a vini ‘facili’ come un moscatino. In alcuni ristoranti c’è ancora questa tradizione di iniziare la cena con venti-venticinque antipasti… e poi nient’altro.”“La nascita di un concetto di aperitivo la faccio coincidere con la merenda sinoira, letteralmente ‘la merenda che fa cena’, un’abitudine piemontese della domenica”
L’aperitivo inventato
A Torino si consolidò l’abitudine di consumare, insieme agli alcolici, piccoli stuzzichini — soprattutto le donne, perché per loro non era appropriato bere a stomaco vuoto.
Perché si mangia durante l’aperitivo
L’aperitivo dagli anni 90 ad oggi
Negli anni Novanta fu un tale Vinicio Valdo ad accoppiare il bere con il mangiare e la capitale dell’happy hour diventò ufficialmente Milano. L’apericena, o comunque l’idea di doversi abbuffare mentre si beve, in piedi davanti a tavoli colmi di vassoi a loro volta stracolmi di cibo, è qualcosa di cui saremmo tutti felici di sbarazzarci definitivamente, ma ha avuto indubbiamente il suo peso storico. Sempre da Milano viene un altro cocktail che ha contribuito a rendere l’aperitivo un rito, il Negroni Sbagliato, creato nel 1972 al Bar Basso per un errore di miscelazione.Tra gli anni Settanta e Ottanta l’aperitivo abbraccia le fasce più giovani e diventa nazional-popolare
Ma qual è oggi la città dell’aperitivo? “Roma si è milanesizzata e Milano si è romanizzata. Qui si fanno sempre più spesso aperitivi di lavoro. Ora a Roma c’è la new wave degli hotel — anche se mezza Europa ci ride dietro perché siamo arrivati in ritardo — e Milano sta scoprendo il dolce far niente. Dichiaro la morte dell’aperitivo a buffet, mostra dalle cento testa e dalle mille mani zozze: si va sempre di più verso un aperitivo in cui sono io bartender ad abbinarti il cibo, o comunque ti do una granaglia tutta tua. E procediamo anche verso una personalizzazione del servizio. Per noi italiani è tabù bere senza mangiare e la ritengo un’abitudine sana: il liquid lunch degli inglesi produce parecchi danni all’organismo.Per me aperitivo è Spritz Cynar punto. In abbinamento, se possibile, ad anacardi tostati o mandorle salate. Ognuno ha i suoi gusti e le sue preferenze perciò “si fa prima a dire cosa non è aperitivo,” dice Bassetti. “Regole auree per noi della mixology: no estrema dolcezza, no bolla rozza, no super fruttato. Si deve bere qualcosa di amaro, una bolla non grossolana, insomma non bisogna satollare completamente i sensi, anzi, bisogna risvegliarli e non assopirli.” E da mangiare? “In francese si chiede cosa vuoi da grignoter, da sgranocchiare, una parola onomatopeica che evoca qualcosa di croccante che dia piacere. Davanti a noccioline patatine olivette e nocciole ci trasformiamo tutti in marmottine. Se mi tolgo la fame mi do la zappa sui piedi.” La nuova sfida per i bartender, dice, è che la Generazione Z punta sempre di più a non bere e quindi bisogna creare aperitivi analcolici: “Resteremo solo noi a bere per loro. Ma va bene così.”Segui Giorgia su Instagram.Segui MUNCHIES su Facebook e Instagram.“La nuova sfida per i bartender è che la Generazione Z punta sempre di più a non bere e quindi bisogna creare aperitivi analcolici”