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Fotografia

Foto irriverenti che sfanculano la Teoria del Gender

La serie fotografica di Filippo Romanelli rivendica un'alternativa alla Teoria del Gender (ammesso che ne esista davvero una).
Vincenzo Ligresti
Milan, IT

Negli ultimi anni, in contrapposizione all'educazione alle differenze, ha trovato sempre più spazio nel dibattito politico la cosiddetta Teoria del gender. Si tratta di una definizione elaborata nella seconda metà degli anni Novanta per semplificare e mescolare in unico calderone i gender studies che, come spiega la Società Italiana delle Storiche, non sono affatto una teoria bensì "uno strumento concettuale per poter pensare e analizzare le realtà storico-sociali delle relazioni tra i sessi in tutta la loro complessità e articolazione."

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In pratica: se da un lato chi sostiene l'esistenza della teoria del gender riduce i gender studies a una superficiale visione basata sulla non-esistenza di una differenza biologica tra uomini e donne, dall'altro i suddetti studi partono proprio dall'assunto che oltre il sesso anatomico di ognuno bisogna fare attenzione anche alla percezione che ciascuno ha di sé in rapporto anche al sistema sociale — insomma all'identità di genere e al ruolo di genere. Ovviamente la questione è molto complessa, tanto che per realizzare il recente numero speciale Gender Revolution, National Geographic ha impiegato ben due anni.

Tutte le immagini: courtesy dell'artista

Tra i vari tentativi che cercano di fare ordine sulla questione in maniera più o meno ponderata, c'è il progetto fotografico Just Another Gender Theory, realizzato nell'arco del 2016 dal fotografo Filippo Romanelli a partire dal suo immaginario intriso di simboli culturali e religiosi provenienti dal sistema sociale in cui siamo immersi e che ci condiziona inesorabilmente.

"Ci sono persone che non si identificano nell'eteronormalità tipica della nostra società, che rifiutano le rigide categorizzazioni e gli stereotipi di genere poiché questi non possono descrivere adeguatamente la multiforme natura della psicologia e dell'identità umana," spiega Romanelli a Creators. "È proprio da queste persone che la mia idea di progetto parte per sviluppare un discorso sul gender, una riflessione sul modo in cui sono stati e vengono costruiti i concetti di maschile e femminile e i rapporti di potere fondati sul genere".

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"Il progetto è un'analisi dell'identità di genere nella sua non corrispondenza con il sesso biologico e con il conseguente ruolo che la società 'prescrive', ma anche e soprattutto come una realtà fluida e non dicotomica," continua Romanelli. "La fluidità di genere è stata in qualche modo formalizzata anche da Facebook, che ha inserito ben 58 possibili opzioni di genere nella sezione dedicata al profilo personale. Eppure il nostro cervello e la società, che tendono a dividere la realtà in segmenti e a organizzarla in categorie, faticano ad accettare l'idea di genere come un continuum. Pensiamo e agiamo per categorie, e il genere dicotomizzato è ancora una delle più forti."