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Tecnologia

Il ritorno dei mammut è vicino

Trasferendo i geni del mammut nelle cellule dell'elefante asiatico sarebbe possibile riportare in vita il pachiderma estinto.
Immagine: Flickr/V.H. Hammer

Lo scorso fine settimana, un uomo che pensa fuori dagli schemi per risolvere i problemi della società con idee rivoluzionarie—in una delle aziende più innovative del mondo—era sul palco a una conferenza sul futuro della tecnologia, a Washington DC. Quando ha detto a uno scienziato genetista che “amerebbe poter vedere un mammut lanoso,” questo gli ha riso in faccia.

“Ma sei pazzo?” gli ha chiesto.

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Lo scambio tra Richard DeVaul, di Google X e Stuart Brand, un esperto di de-estinzione ha confermato con chiarezza che l’obiettivo di riportare in vita uno degli animali più famosi della storia sta per diventare realtà.

Riportare in vita un animale estinto non è facile—è difficile clonare le cellule di un animale che è morto migliaia di anni fa, ancora più difficile trasformarle in un embrione funzionante e quasi impossibile trovare una madre surrogata che riesca a far nascere il cucciolo clonato. C’è ancora molto da fare al riguardo, ma gli scienziati stanno lavorando assiduamente per creare ibridi tra gli animali estinti e quelli ancora esistenti, in modo da arrivare a quella che Brand chiama la versione “2.0” degli animali.

Brand ha introdotto un nuovo paradigma secondo cui una specie non è veramente estinta finché non è scomparsa anche l'ultima traccia di DNA con cui farla rivivere. Immagine: Jason Koebler

Questo è quello che George Church, biologo sintetico di Harvard, sta facendo con i mammut lanosi. Usando una tecnica di lavorazione dei genomi chiamata CRISPR, Church vuole inserire tre geni fondamentali dei mammut lanosi nelle cellule degli elefanti asiatici, nella speranza di creare un ibrido che assomigli al mammut.

Questo progetto è citato in un lungo articolo pubblicato a Febbraio dal New York Times Magazine, ma Church ha recentemente dichiarato che il team è riuscito a far migrare con successo i tre geni responsabili del pelo lungo, dello strato in più di grasso e del sangue resistente al freddo. In teoria, conoscendo sia il genoma dell’elefante asiatico sia quello del mammut, il prodotto finale dovrebbe essere più simile a quest’ultimo.

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Sottoponendo le cellule degli elefanti alla CRISPR, abbiamo fatto tre modifiche genomiche,” mi ha scritto Church via email. “Stiamo sintetizzando delle cellule staminali pluripotenti capaci di sottostare a esami di cultura organica—inizialmente variazioni nel DNA riconducibili al sangue resistente al freddo, ai capelli e al grasso sottocutaneo.

Se si superano i test preliminari in laboratorio, il team può procedere con la creazione di un embrione di mammut. Non è sicuro se la creatura risultante sarà un mammut, un elefante, o una via di mezzo. Tuttavia, la somiglianza al mammut lanoso aumenterà di generazione in generazione.

“Questi  tre cambiamenti genetici sono solo l’inizio. Ne arriveranno molti altri. Il nostro obiettivo iniziale è creare un ibrido tra un mammut e un elefante che sia resistente al freddo,” ha detto Church. “I test sui tessuti ci danno risposte molto più velocemente rispetto al periodo di gestazione di 22 mesi. Il contributo del mammut al genoma aumenta man mano che la tecnologia diventa più veloce e meno costosa. Il progetto procede velocemente, ma tutto dipende dagli sviluppi tecnologici.”

Siccome le cellule di base rimangono quelle dell’elefante asiatico, in teoria i ricercatori non dovrebbero avere i problemi che hanno avuto gli scienziati spagnoli con lo stambecco dei Pirenei. Gli embrioni clonati della sottospecie di capra di montagna (che si è estinta nel 2000) sono stati trapiantati in 57 capre. Solo uno è stato in grado di portare il clone a termine, e l’animale è morto quasi subito dopo la nascita.

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L’elefante asiatico è più vicino al mammut che all’elefante africano, con il quale si incrocia,” ha detto Brand a The Future is Here, evento di Smithsonian Magazine, lo scorso weekend a Washington DC.

Se il nome Church vi suona famigliare è perché si tratta di uno dei più famosi genetisti di tutti i tempi, e perché è noto per aver proposto (e realizzato) degli esperimenti che molti altri non immaginerebbero nemmeno. L’anno scorso, le sue dichiarazioni a Der Spiegel sono state fraintese a tal punto da far pensare che stesse cercando una volontaria avventurosa per portare in grembo un bimbo di Neanderthal. Church ha prontamente dichiarato di non essere intenzionato a lavorare su progetti del genere, ma il punto è che cose di questo tipo sono realizzabili.

“Sta accadendo tutto molto in fretta. Se troviamo i fondi, entro tre anni Church avrà un embrione di mammut lanoso da impiantare in una femmina di elefante asiatico,” ha detto Brand. “Dopo due anni di gravidanza, per la prima volta dopo tanto tempo, vedremo un cucciolo di mammut lanoso.”

Inoltre, il tutto non si limita ai mammut. Brand sta lavorando con un team della University of California, a Santa Cruz, per fare la stessa cosa con le colombe migratrici, estinte da 100 anni. Il team userebbe il piccione coda barrata come suo surrogato vivente.

Nonostante riportare alla luce il più piccolo e recente piccione migratore possa sembrare più facile di creare un ibrido tra un mammut e un elefante, i ricercatori stanno ancora lavorando sul sequenziamento del DNA del piccione, che significa che l’esperimento, a differenza di quello di Church, è solo alle fase iniziali.

Brand tiene una lezione sul piccione migratore. Immagine: Jason Koebler

Nonostante le implicazioni etiche di questo tipo di esperimenti non siano ancora del tutto chiare, entrambi i progetti sembrano andare avanti a tutta velocità. La tecnologia per realizzarli esiste e gli scienziati sono ormai in grado di capire il genoma in tutte le sue particolarità. Pare manchi poco al momento in cui vedremo, per la prima volta in 4.000 anni, un mammut lanoso.

“Potremmo tornare ad avere branchi di mammut lanosi nel circolo polare artico,” ha detto Brand. “Se tutto va bene, i mammut potrebbero non solo tornare, ma rimanere sulla terra più a lungo di noi.”