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I fratelli di 'The Wolfpack' raccontano come costruivano i loro oggetti di scena

I fratelli Angulo hanno ricreato film interi in casa, con nastro adesivo, scatole di cereali e pennarelli.

The Wolfpack, acclamato documentario di Crystal Moselle, segue la vita di sei fratelli scolarizzati a casa, confinati in un appartamento nel Lower East Side dalla rigida dottrina paterna. I sei fratelli Angulo, denominati “wolfpack”, trovano conforto nei film che possono guardare a casa, e passano innumerevoli ore a ricrearne le scene nell’appartamento di famiglia. I film—raccontano i ragazzi—erano l’unico ponte con il mondo esterno, per questo si sono dedicati alla produzione di scenografie cinematografiche, al design di costumi, e alla memorizzazione di copioni interi per produrre le loro versioni di film come Pulp Fiction, Il Padrino, Non è un paese per vecchi, Il cavaliere oscuro - Il ritorno, etc.

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Il documentario The Wolfpack indaga con tatto le prime esperienze dei ragazzi nel mondo esterno. Hanno tutti e sei nomi in sanscrito, decisi dal padre Hare Krishna—Narayana, Mukunda, Bhagavan, Govinda, Krisna e Jagadesh, e sono tutti e sei appassionati di cinema.

Dall’uscita del documentario, i fratelli hanno vissuto il mondo del cinema sulla loro stessa pelle, dopo aver vinto il Grand Jury Prize per il documentario al Sundance, essere stati fotografati da Bruce Weber per Vogue e aver ricevuto infinite proposte di collaborazioni creative.

Guardate Mirror Heart, il corometraggio originale realizzato dai fratelli Angulo, qui sotto:

The Creators Project: Raccontaci di Mirror Heart.

Mukunda Angulo: Mirror Heart è un film che parla di una serie di personaggi che fanno le cose da soli e niente funziona, finché finalmente non scoprono che fare squadra è il modo migliore per lavorare. Il potere del lavoro di squadra. Si può far tornare qualcosa in vita. Mi è venuta questa idea mentre ero in ufficio. Rispondevo alle chiamate e sentivo ‘Attendere… premere 1, premere 2’ e c’era una mosca in ufficio ma a me sembrava più un’ape. Allora ho inventato il telefono gigante e un’ape e una creatura di fiori e un tizio che è uno zombie e un polpo gigante. Il telefono rappresenta il senso dell’umorismo maniacale. L’ape rappresenta un essere fisico che fa quello che deve fare. Le due figure fatte di fiori rappresentano una sorta di magia, tipo la creazione, se vogliamo chiamarla così. Il polpo è un sommo creatore. Lo zombie rappresenta la mente umana; confusione, rabbia, amore, paura, tutte mescolate tra loro. È la cosa più simile a un essere umano. L’ape e lo zombie hanno una cosa in comune, la morte. Lo zombie è già morto ma non riesce a elaborare la cosa, perché è un essere umano. È una persona che pensa e prova sentimenti.

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Chi è stato coinvolto nella produzione e nelle riprese?

Abbiamo presentato l’idea a VICE e loro si sono dimostrati interessati. Ci hanno dato un budget. Abbiamo girato in uno studio e per ogni costume da realizzare c’è voluta una settimana e mezza. Ci siamo tutti messi di impegno per fare questi costumi giorno e notte, giorno e notte. Tutti i miei fratelli hanno preso parte alla cosa. Mio fratello Govinda era il direttore della fotografia. Il resto dei miei fratelli ha recitato, insieme a mia mamma e a mia sorella.

Immagini e thumbnail per gentile concessione di Crystal Moselle e Megan Delaney

Siamo rimasti stupefatti davanti al costume di Batman che compare nel film The Wolfpack. Puoi raccontarci quanto tempo hai impiegato per fabbricarlo, che cosa hai usato e con quale tecnica l’hai costruito?

Mi ci sono voluti due anni per costruire uno dei costumi di Batman, il primo che si vede nel film. All’inizio mi stavo basando su una struttura del costume che era pensata per un pupazzo. Non aveva granché senso, a mio avviso. Non andava bene per il mio corpo, perché non avevo il tipo di corpo che era stato pensato per il giocattolo. È stato il primo progetto che ho portato avanti su me stesso.

Ho buttato via il pupazzetto e ho iniziato a guardare BTS [dietro le quinte] del film Batman Begins finché non sono arrivato al punto in cui mostravano come avevano fatto il costume. Sono riuscito a capire come farlo calzare, come riuscire a indossarlo e a toglierlo. Una volta che sono riuscito a completarlo e a collezionare abbastanza scatole di cereali per farlo, senza neanche rendermene conto, erano passati due anni.

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Il secondo costume era fatto di materassini da yoga. Ci ho messo un po’ a capire come modellare il costume. Mentre costruivo il costume, lo progettavo perché fosse funzionale al mio corpo. Come muovermi, come piegarmi insieme al costume invece di restare imbalsamato come una statua. Ho scoperto i tappetini da yoga e sono riuscito a trovare materassini da yoga che avevano lo stesso aspetto del materiale usato nel film. In Il cavaliere oscuro l’armatura ha delle parti squadrate; ho trovato un materassino blu e quando l’ho dipinto è diventato identico al materiale che hanno usato loro. Per realizzarlo ci ho messo circa un paio di settimane.

Tutte le parti rigide che vedete sul costume sono ricavate da scatole di cereali e cartoncino, ho cucito e incollato tutto insieme con colla e nastro adesivo. La tecnica che ho usato è il mio corpo. Mi guardavo allo specchio ogni giorno e vedevo come andava, poi guardavo il film e i BTS e controllavo che fosse esattamente uguale, lo stile, la forma e che fosse proporzionato. E ovviamente che mi facesse sembrare muscoloso.

Anche la maschera è fatta di scatole di cereali. È stata la parte più difficile di tutte. Vuoi che si appoggi bene alla tua testa, ma vuoi anche che abbia un’espressione drammatica. Vuoi che abbia un’aria seria ed essere certo di riuscire a parlare indossandola e a muovertici dentro e a piegarti. Per quanto riguarda il collo, ho fatto prove per due anni. Entrambe le maschere erano fatte di scatole di cereali, pacchi e carta, e ho colorato tutto a pennarello.

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>> Andate qui per guardare il making of di Mirror Heart.

Nel documentario, c’è una scena in cui si vede la vostra collezione di oggetti di scena. Quanti ne avete costruiti nel corso degli anni e quali sono i tuoi preferiti?

Direi di sicuro più di 100. Abbiamo fatto armi, maschere, coltelli, spade, forconi, piccole pistole, lame, polsini e pezzi di altre cose che si vedono nel film.

La maschera di Michael Myers. Mi ci è voluta un’infinità per renderla perfetta. Non era difficile da fare di per sé, ma la parte complessa era la sensazione che doveva restituire. Riuscire a far sì che i capelli avessero quell’aspetto preciso. Fare in modo che gli occhi non avessero espressione. Dare la forma giusta al naso, non troppo grosso, ma neanche troppo sottile.

Foto per gentile concessione di Mukunda Angulo

Come decidevate chi avrebbe interpretato quale ruolo e chi avrebbe realizzato invece i costumi e gli oggetti di scena?

Per quanto riguarda i film che rimettevamo in scena, la cosa veniva naturalmente. Chiunque riuscisse a capire come fare le cose [le faceva]. Ad esempio, il mio film preferito al tempo era Il cavaliere oscuro, quindi ero a capo dell’intero progetto: capire le battute, scrivere il copione, fare gli oggetti di scena, e trovare la musica e i suoni.

Alle volte la mettevamo ai voti o cercavamo di capire chi fosse il più bravo in un certo ruolo.

Foto per gentile concessione di Mukunda Angulo

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Qual è un materiale che secondo te le persone sottovalutano e che dovrebbe invece essere più utilizzato?

Il nastro adesivo e il nastro americano sono stati i miei migliori amici in ogni progetto. Tengono insieme qualsiasi cosa.

Ora che potete girare dei film veri fuori dal vostro appartamento, in che modo è cambiato il processo?

Ora la questione è decidere se trasformare tutto questo in una carriera. Prima recitavamo tutti, ora che giriamo film veri e propri, ognuno di noi ha un ruolo preciso. Il mio è scrivere e dirigere. Govinda sta imparando ad amare la videocamera e gli piace fare l’operatore. Bhagavan ha scelto un ruolo attoriale. Gli piace essere lì, al centro dell’esperienza. Narayana ama scrivere. Penso che il suo ruolo potrebbe essere nella fase di sceneggiatura. E Glenn e Eddie sono passati dal recitare al fare musica e lavorare sullo stile visivo.

Foto per gentile concessione di Mukunda Angulo

The Wolfpack sarà dal 23 ottobre in tutte le sale italiane, e in onda sempre il 23 ottobre alle 22.00 sul canale Crime+Investigation (canale 118 di Sky).