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Tutte le immagini: press kit di Saturnalia, Santa Ragione
Tecnologia

Perdersi in un paesino italiano è l'avventura horror definitiva

'Saturnalia' è un videogioco ambientato in Sardegna durante gli anni Ottanta. Giocarlo vi metterà i brividi per tante ragioni.
Matteo Lupetti
Asciano, IT

Cosa si prova a perdersi in un paesino italiano—per la precisione in un paesino sardo di fine anni Ottanta, con i poster elettorali di Craxi appesi per le strade? Orrore. O almeno, questo è ciò che mi ha insegnato un videogioco. 

In Saturnalia—videogioco horror dello studio italiano Santa Ragione—si incrociano nell’immaginaria Gravoi, una cittadina nell’entroterra della Sardegna, le vite di quattro personaggi: la geologa Anita, il fotografo Paul, la ribelle Claudia e Sergio, tornato per prendersi cura del padre malato. È il 21 dicembre del 1989, il solstizio d’inverno, e c’è una festa in onore di Santa Lucia. Ma mentre scende la notte gli abitanti del paese si nascondono nelle case e una misteriosa creatura antropomorfa e mascherata emerge dalle profondità della terra per dare la caccia ai protagonisti.

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Gravoi è un labirinto di strette viuzze avvolto in una spessa oscurità che posso illuminare solo per breve tempo, accendendo qualche fiammifero. Il videogioco non mi indica la strada da fare con bussole o altre indicazioni a schermo; se voglio controllare una mappa devo trovare una delle cartine turistiche affisse nell’ambientazione. Nonostante alcuni aiuti (i personaggi possono temporaneamente ricordare un percorso) sarebbe già facile perdersi così. Ma in aggiunta—in determinate circostanze—la mappa di Gravoi si rimescola casualmente, cambiando la disposizione dei suoi edifici. 

Braccati in un tale mutante groviglio di vicoli e case i protagonisti—ognuno dotato di diverse capacità— devono recuperare risorse, indizi e strumenti per accedere agli edifici e alle zone di Gravoi, aprirsi una via di fuga e capire cosa è successo e cosa sta succedendo in questo paesino segnato da industria mineraria, lotte sindacali e capitalismo estrattivo.

Perdermi in Saturnalia mi ha ricordato una cosa che Stuart Maxwell, sviluppatore del videogioco esplorativo Shape of the World, mi ha scritto anni fa parlando di spazi videoludici: “È divertente perdersi se sai che potrai ritrovare la strada. Senti l’adrenalina, e ritrovare l’orientamento è come un puzzle. Oggi è difficile perdersi perché ci sono cose come Google Maps [...] ma ci perdiamo ancora nei videogiochi.”

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Oggi è impensabile muoversi senza Google Maps, anche perché le mappe tradizionali non sembrano più adatte a rappresentare in modo comprensibile la complessità delle nostre megalopoli e dei loro percorsi. E siccome le mappe hanno sempre plasmato il nostro modo di vedere il territorio,  allora oggi è Google Maps a dirci come i luoghi vanno visti, attraversati, pensati e ricordati.

Saturnalia di Santa Ragione (immagine da press kit) (2).png

Non è che quando usiamo Google Maps non ci perdiamo. È pieno di aneddoti di persone che si sono perse e sono finite su piste aeree, in fiumi o nel mare per aver seguito le indicazioni di Apple Maps o Google Maps. Al parco nazionale della Death Valley, in California, hanno pure dato un nome a questo fenomeno: “Death by GPS,” morte per GPS, a causa degli incidenti che causa.

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Però quando seguiamo un navigatore satellitare non ci perdiamo nello stesso modo. Secondo alcuni studi, le persone che si orientano usando sistemi digitali automatizzati hanno poi una minor consapevolezza sia dei percorsi che hanno compiuto sia dell’ambiente circostante. Perdersi e ritrovare la strada senza Google Maps come accade in Saturnalia può voler dire capire. In questo caso, capire il passato.

Perdersi nelle strade di Saturnalia vuol dire tanto perdersi nello spazio quanto perdersi nel tempo

Perché è il passato a rendere arzigogolate le città italiane (e le città sarde). Città tanto diverse da quella di un altro videogioco horror, Silent Hill di Konami, in cui ci aggiriamo nella nebbia combattendo contro mostri e culti in una cittadina statunitense. Lì le strade si incontrano ad angolo retto, reminiscenza della griglia urbana imposta sin dall’impero britannico a un’America vista, scrive il professore di storia dell’architettura alla Università di Plymouth Daniel Maudlin, “come una tabula rasa—una vergine e vuota natura selvaggia—dove sarebbe stato possibile creare una nuova civiltà secondo le leggi di Dio.”

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In Italia una cosa del genere non è quasi mai possibile. “La maggior parte delle città storiche [...] sono puzzle di parti premeditate e parti sorte spontaneamente incastrate o giustapposte in vari modi,” scrive lo storico dell’architettura Spiro Kostof in un fondamentale saggio sulla storia delle strutture urbane, The City Shaped: Urban Patterns and Meanings Through History. Ma non si tratta solo di giustapposizione o incastro. “La rielaborazione di precedenti geometrie nel tempo ci lascia palinsesti urbani,” continua Kostof, “dove quella che una volta era una griglia regolare e pianificata è ora malamente accomodata all’interno di un groviglio di vicoli ciechi e tortuose stradine.”

Costruiamo oggi sui quartieri ipertrofici del boom del dopoguerra, a loro volta costruiti sulle macerie della Seconda guerra mondiale, macerie di secoli di evoluzione di città medievali costruite su città romane a volte costruite su qualcosa di ancora più antico. Come diceva l’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli nell’imitazione di Corrado Guzzanti a L’ottavo nano—mentre agitava una testa di statua romana—ogni volta che scavi una stazione della metropolitana “spunta fuori 'a capoccetta de Mario Silla” (e continuava “Ma quante capocce c’hai, t’hanno seminato come ‘a cicoria, Mario Silla”).

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Quindi perdersi nelle strade di Saturnalia, cioè nelle strade dell’archetipo del paesino italiano, vuol dire tanto perdersi nello spazio quanto perdersi nel tempo. Mi perdo in una città cristiana costruita sopra qualcosa di pre-cristiano che ne influenza le geometrie e che può essere destato se scavo abbastanza a fondo. “Ci serviva un posto che avesse una stratificazione storica attraverso le culture, le nazioni e le civiltà,” dice a VICE il direttore di Saturnalia Pietro Righi Riva durante una videochiamata su Zoom, spiegando la scelta dell’ambientazione sarda. 

Allo stesso modo, in Saturnalia mi perdo nel passato di una religione cristiana costruita su riti e credenze pagane: per esempio i festeggiamenti del Natale che tanto devono a quelli dei romani Saturnalia, qua richiamati sin dal titolo dell’opera.

E mi perdo nel passato della comunità, degli abitanti. Ed è in questo passato umano—e non nella creatura soprannaturale che mi rincorre—che sta l’orrore di Saturnalia e di ciò che scopro giocandolo. È l’orrore dello sfruttamento di corpi e luoghi, l’orrore del razzismo, della misoginia e dell’omofobia che rendono i protagonisti “indesiderati,” che li rendono outsider anche quando hanno sempre vissuto in questi luoghi.

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In Silent Hill l’orrore sta nel contrasto tra un ordine apparente—l’ordine del colonialismo, l’ordine che si impone su ciò che si considera caos—e un’oscurità segreta che ribolle fino a esplodere e a invadere e spezzare le strade rompendo lo stesso tessuto urbano. Riprendendo David Lynch—ma ancora prima Alfred Hitchcock—in Silent Hill l’America è sogno che diventa incubo. In Saturnalia (cioè in Italia), invece, è lo stesso “disordine” urbano che suggerisce che qualcosa covi sotto, figurativamente e letteralmente.

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Righi Riva definisce il suo videogioco “un horror politico” che parla della “tradizione come strumento per opprimere il cambiamento.” Ma non si tratta di una questione di vecchi contro giovani. “Il gioco non parla mai esplicitamente di generazioni,” continua Righi Riva. “E quello di cui parliamo va talmente indietro nel tempo che non ha a che fare con generazioni specifiche, ma con un aspetto sistemico,” che si manifesta in istituzioni e strutture sociali che mostrano, proprio come Gravoi, i segni della loro storia e del loro passato.

Non sono neanche questioni limitate alla Sardegna, o all’Italia. “Sono una versione di problemi profondi che sono globalizzati e che si manifestano in forme leggermente diverse in base alla storia di ciascun paese e di ciascuna società,” dice lo sviluppatore.

E non sono, al contrario, inevitabilmente parte dell’essere umano. “Questi problemi possono essere superati, perché sono radicati non nella natura umana ma nella proprietà privata. Nella proprietà privata, nella sua ereditarietà e in tutto ciò che da queste cose deriva: la famiglia, la monogamia, il denaro…” conclude Righi Riva. Ed è questo l’orrore antico che ho trovato perdendomi nel paesino di Saturnalia.

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Saturnalia di Santa Ragione è disponibile su PC e Mac (su Epic Games Store), PlayStation 4 e 5, Xbox One e Xbox Serie S e X e Nintendo Switch.